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Ho bisogno di crederlo.

Ho sempre pensato che la gentilezza che portiamo ovunque con noi, prima o poi ci venga ricambiata, forse tra un mese, tra un anno, tra dieci anni, oppure tra cento, ma prima o poi qualcuno dovrà ricambiare.

Con questo pensiero, carico di buone intenzioni mi apprestavo ad incontrare Sara.

Ci eravamo conosciuti sul web, lasciava spesso un mi piace sotto i miei post, ed io lo stesso, forse pensavo, avessimo qualcosa in comune, quella sorta di sensibilità ormai rara da trovare in giro.

Aveva i capelli castani ricci e folti, come un cespuglio di rose selvatiche, un viso pieno di lentiggini colorate come coriandoli le caratterizzavano le guance rosse.

Il suo fisico mediterraneo e robusto come un maestoso olivo, sorreggeva i grossi seni.Lavorava in un bar, della periferia di una grande città, così mi aveva raccontato.

Aveva davvero poco tempo libero per inseguire i suoi sogni, voleva fare la parrucchiera, e mi parlava con ardore, spesso di questo suo grande sogno, che desiderava realizzare, riuscire ad aprire finalmente un negozio tutto suo.

Ma lavorava tanto, dodici ore al giorno tutti i giorni, c’era da aiutare la famiglia, i genitori e tre fratelli, affitto, bollette e poco tempo per sognare nonostante la sua giovane età.

Decidemmo dopo tanto, finalmente, d’incontarci, nel bar in cui lavorava, perché non aveva nemmeno il tempo per una passeggiata, oppure una pizza in tranquillità.

Inserisco la località sul navigatore, in una calda giornata di Luglio, con il sole alto di mezzogiorno a farmi compagnia iniziai il viaggio;pian piano le mie belle e conosciute colline in fiore, lasciavano posto a un scarno paesaggio di periferia, la verde campagna lasciava il posto a guardrail pieni d’immondizia, il profumo di fiori a quello di plastica bruciata.

Cercavo di non farci caso, volevo solo poter incrociare i suoi occhi verdi come smeraldi.Sul sedile un cesto pieno di regali; avevo promesso che gli avrei portato un pensiero, ed lo avevo riempito con cura e dedizione con tanti piccole cose, forse eccessive al primo appuntamento,ma, fatte con il cuore, di chi da sempre troppo tutto presto.

Arrivo nel suo paese, caldo e desolato, inospitale come quelli dei film western.

Dopo aver sbagliato più di una volta la strada il navigatore mi porta finalmente davanti al bar dove lavorava; oltrepassato un breve corridoio si apriva una grande sala, ed la sua vista, mi fece un po’ pena; scaffali per la maggior parte vuoti, il minimo sindacale, scelta obbligata per tutti i clienti; l’unica gremita era quella delle slot machine, dove un via vai di personaggi che sembravano usciti da un film di Roberto Saviano, pieni di tatuaggi e cicatrici imprecavano di continuo; ed l’unico rumore oltre al ticchettio nervoso sui tasti, quello di un vecchio ventilatore che strideva solitario,e poi lei, bella come il sole, ma terribilmente fuori contesto in quel posto.

Ci presentammo, un po’ d’imbarazzo iniziale; ordino a colpo sicuro un’aranciata tanto non c’era più di tanto nel frigo,lei, mi prega di accomodarmi, mi avrebbe raggiunto appena sbrigato un cliente frettoloso.

Mi mancava l’aria, e sinceramente non mi sentivo a mio agio, forse avevo sbagliato tutto, anche persona,avevo questo cesto pieno di belle cose che stringevo gelosamente tra le mani, ma tutto sembrava fuori luogo, come una risata partita al momento sbagliato.

Finalmente mi raggiunge ed incominciammo a parlare.

Cerco di capire, di capirla, se sia la stessa persona che mi scriveva dolci frasi, oppure invece, era tutta una gran farsa;capire se quell’ambiente l’avesse resa arida, oppure lo era sempre stata, e come sempre mi sarei dovuto ricredere.Ci scrutiamo a vicenda, i suoi occhi grandi mi scavano dentro.

Lei è diretta, non fa giri di parole, abituata ad aver a che fare con mezzi criminali, penso, ed io che invece sono un fiore, cercavo di proteggermi ad ogni costo.

Alla fine di bello rimarrà solo il pensiero, il cesto pieno di regali, ed la gentilezza che portai con me quel giorno.Mi disse che non ero il suo tipo, che scrivevo troppo, ero tutto un “troppo” per lei; forse aveva frainteso.

Mi scrisse un che era meglio non sentirci più,sicuramente si aspettava qualcos’altro.

Ci rimasi male, ma ho sempre pensato e continuo a pensare ancora, che la gentilezza che porto sempre con me prima o poi mi verrà ricambiata.

Forse tra un mese, forse tra un anno, forse tra dieci anni, oppure tra cento, dovrà ritornarmi indietro, in qualsiasi modo, in qualsiasi forma.

Ho bisogno di crederlo, per rimanere ed continuare ad essere gentile, sempre.

Salvatore Altieri ©