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Portami nel punto più alto, per vedere insieme, l’arcobaleno.

Il mio nuovo racconto: Portami nel punto più alto,per vedere insieme, l’arcobaleno.

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Portami nel punto più alto,

per vedere insieme, l’arcobaleno

Non ho mai, sinceramente capito, la differenza tra l’essere “strano” oppure “normale” e spero qualcuno un giorno me lo venga a spiegare.

Forse, essere “normale” è stare sempre, in mezzo alla gente, essere forte, e fare sempre finta di niente, sfrecciare nei viali, vestire alla moda, essere sempre in gamba, non sentire mai, la noia.

Invece di osservare ogni sera l’universo, lasciarsi sempre andare, e magari piangere, molto spesso, abbassare lo sguardo, non perché si è deboli, ma perché, tutto ci ferisce, accarezzare una rosa, aspettare un fiore, quando fiorisce.

Ed io, sono stato sempre definito “strano” perché me ne stavo sempre da solo, senza nessuno con la quale condividere ogni passione, soprattutto, in passato, l’amore smisurato, per la muisca, e per la mia chitarra.

Me la portavo ovunque, come ora, la penna, ho persino marinato, il giorno dell’esame orale di maturità, per scappare sui monti, e con lei fare in quel giorno così importante, l’amore, ma nessuno o pochi hanno capito questa mia immensa passione, era più facile giudicare, con un “fuori di testa” oppure “strano”, che “profondo”,“sensibile” ,“raro”..

Ma ultimamente, mi sono stancato di farmi giudicare dagli imbecilli, da chi non vede aldilà del proprio naso, preferendo dedicare ogni singolo secondo soltanto all’arte, ma in un contesto diverso, sarei sempre in giro, tra musei, biblioteche, mostre d’arte, concerti, musica e note, ma quando vivi in un “buco nero” è un po’ difficile trovarle, credetemi, tutte queste cose, soltanto sguardi d’indifferenza, e chi, senza di te, sta bene, senza.

Ed ieri, mentre pioveva a dirotto, ho incrociato lo sguardo della mia chitarra, la vedevo lì, più solitaria persino di me, con nessuno con cui duettare, con nessun altro strumento, con cui parlare, e mi è sembrato di sentire, sfiorando per sbaglio le sue corde, per favore, “portami nel punto più alto, per vedere insieme, l’arcobaleno”.

Ho sempre parlato, ma soprattutto ascoltato i miei strumenti, io gli raccontavo i miei tanti tormenti, e loro mi riempivano il cuore, di sentimenti, di canzoni da cantare, di emozioni da tirare ad ogni costo fuori, come nero petrolio in mezzo all’azzurro mare.

Non ho perso un secondo, le ho messo la mascherina, e l’ho portata nel punto più alto, ed insieme abbiamo aspettato dopo la pioggia, che nascesse uno stupendo arcobaleno, che dopo la tempesta, comparisse di nuovo, il cielo sereno.

Lei mi ha sorriso, come sempre, ed io le ho chiesto perdono, se la maltratto, se così spesso, in questi anni, la ignoro.

Ma devo prendermi, cura di me, e cercare, qualcuna ancora di più “strana”o meglio dire “rara” con la quale finalmente, fare anch’io l’amore, rendere questa mia solitaria, vita meno amara, anzi, trasformarla, come una magia, un incantesimo, in quella più bella di tutte, essere finalmente felice, diventare da chiuso germoglio, a colorato fiore, insieme, il fiore, più bello, di tutti.