Quella notte, ricordo, era più buia del solito, e persino la luna, aveva paura di mostrarsi, perché loro, i violenti, sarebbero arrivati presto, con i loro, grandi elicotteri, per catturare ancora, chi, come me, provava ancora dei sentimenti ;
Era una cosa talmente rara, ed bisognava che venisse studiata, ad ogni costo.
Catturarono anche me, quella tetra notte, e dopo un lungo cammino, mi rinchiusero in un buio e claustrofobico stanzino, insieme ad tanti altri sventurati prigionieri.
Ogni mezz’ora ne prelevavano, da quella stanza, uno, e solo il buon Dio era a conoscenza, del suo sventurato destino;
A volte potevi sentire, delle urla strazianti, altre volte nessun rumore, c’è chi diceva, che gli strappassero, il cuore, per sezionarlo, per capire come poteva ancora amare, come poteva ancora sorridere su questa malata terra, senza mai odiare.
Avrebbero sicuramente potuto fare un sacco di soldi, se avessero scoperto qualcosa, magari, per creare una medicina che riportasse di nuovo ovunque, l’amore, per combattere poi, senza sosta i criminali e gli impostori, ma, io, non credevo molto nei loro buoni intenti, eravamo soltanto cavie, e la nostra condanna a morte, era che eravamo gli ultimi ancora a saper amare, provare ancora dei puri e sinceri, sentimenti, e quando venne il mio turno non opposi resistenza, anzi fui felice, almeno avremmo messo un punto a questa mia atroce ed interminabile, sofferenza.
Mi portarono in una grande sala operatoria, piena di vecchi scienziati, che mi infilarono tubi ovunque, nella mia delicata pelle, ma non dissi nulla, nemmeno un solo lamento, ormai mi era chiaro che ero arrivato alla fine di questo mio straziante, tormento, e la mia colpa era soltanto, avere ancora delle emozioni, sorridere per niente, innamorarmi ancora, dei profumati e colorati, fiori.
Mi addormentai e poi non ricordo più niente, soltanto che una volta sveglio, al posto del cuore, non avevo praticamente, più niente, un buco nero al centro del petto, e migliaia di lunghi fili, ero diventato come loro, un robot insensibile, freddo, violento, e con tutti, sempre ostile.
Il mio cuore, giaceva aperto su un tavolo, sezionato e studiato, per trovarne l’amore, con cui io ero nato, che mi portavo addosso appena ieri, mentre ora ero, come il ghiaccio, gelido, e non avevo che cattivi ed orrendi, pensieri.
E questa, cari lettori, sarà la triste sorte, di chi ancora saprà, ed oserà amare, sappiate, che in un futuro prossimo, saremo soltanto povere cavie, da, in laboratorio, analizzare, per trovare una cura definitiva all’amore, oppure, i violenti, che domineranno il mondo, stanchi, di tutta questa cattiveria, segretamente ed in silenzio, poter finalmente anche loro, amare, per un paio, di magnifiche, passionali e senza tempo, ore.