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Un vaccino, ma per la cattiveria.

Mi piacerebbe che anche questa storia fosse un racconto, una poesia, un mio scritto,
e non la realtà, ma non sempre si può sognarle, colorarle a propio piacimento le cose.

Per fortuna almeno, non era una buia giornata di pioggia ventosa,
ma l’ultimo caldo sole di questa settimana, mi accudiva temerario.

Sei ore, davanti al pronto soccorso dell’ospedale,
per aspettare l’esito del tampone di mia nonna
che si trovava li dentro, per essere operata.

Lei, 91 primavere, che ne ha viste di tutti i colori,
la grande guerra, gli anni 60, 70, 80,
ne ha viste davvero tante, di cose, se la sarebbe mai immaginata
questa situazione ?

Il mondo intero bloccato da un microscopico virus,
tante vite spezzate,
tanta gente in ginocchio,
tanto caos.

Eppure, non ha mai perso il sorriso,
e credetemi, è un sorriso stupendo,
che non posso descrivervi a parole,
bisogna viverlo, guardarlo,
come si fa con un stupendo e colorato tramonto.

E saper di non poterla vedere, nemmeno per un minuto,
sapere, che nessuno di noi possa vedere i propi cari,
nemmeno per un secondo
è disarmante.

Questo virus non solo ci ruba la vita, ma anche la morte,
l’ultimo saluto, nemmeno quello.

Dopo sei ore di attesa, finalmente esce dalla grande porta
del pronto soccorso un medico imbronciato e stufo,
mi guarda ed, io spero, finalmente di poter avere sue notizie,
Non mi ignora, viene verso di me e mi chiede cosa volessi,

Gli espongo le mie richieste, con voce colma di speranza
e stanca per la lunga attesa,
mi guarda e poi esclama : “scusami un attimo”

Si dirige verso le transenne, poste a delimitare l’accesso del pronto soccorso,
ha visto qualcuno che conosce,
perché il suo sguardo cambia espressione come il suo tono,
con me freddo ed autoritario, ora calmo e pacato.

Due donne alte, capelli biondi e sottili come spighe di grano,
e molto piacenti, sicuramente più di me
lo intrattengono per un paio di minuti.

Io aspetto paziente;
in mano stringo, il vecchio bastone di mia nonna,
e la borsa con i suoi medicinali,
aspetto il mio turno, forse era qualcosa di più importante.

Sapete la cosa bella che è successa dopo ?

Si gira e mentre penso, venga finalmente da me
per delucidarmi, invece mi guarda,
dall’alto in basso,
vedo il suo sguardo, praticamente scendere
dalla mia testa, alle mie scarpe,
come fossi un ricercato;

la faccia di nuovo imbronciata e stufa
mi scruta un attimo,
e poi se ne va, senza dirmi nulla …

Cerco di trattenere le lacrime,
sono davvero stanco, dopo sei ore di attesa e speranza.

Li fuori c’è gente senza umanità ovunque,
ma almeno in certi posti, certi contesti,
bisognerebbe pazientemente averla.

perché non stavo aspettando, per un colloquio di lavoro,
ma per la vita di un mio caro.

Invece di uno scanner per la temperatura, dovremmo averne uno per l’umanità,
per la gentilezza, per la comprensione.

E magari si, dovrebbero inventarlo presto un vaccino,
ma per la cattiveria, sarebbe molto più utile e prezioso.

Fortunatamente dopo cinque minuti si avvicina un’infermiera cortese
che con tono gentile, mi rassicura;

mia nonna sta bene, stanno ancora spettando il risultato del tampone
ma sta bene, addirittura sta camminando impaziente ed arzilla
mi dice sorridendo!.

Quel sorriso mi riempie, come un vaso, di speranza,
e finalmente dopo tanta attesa posso rincasare, felice.

Il mondo ha bisogno di persone contagiose di gentilezza,
di empatia, di altruismo,
perché di “virus” brutti ed mortali ne è già pieno, purtroppo.